Corriere delle Alpi -

De Chiesa: «Goggia tornerà presto ai suoi livelli Gli azzurri? Dopo Paris c’è il vuoto»

Dai fasti della “valanga azzurra” ai microfoni della Rai con gli sci come filo conduttore. Paolo De Chiesa anticipa le mosse del circo bianco in vista della prossima stagione di coppa del mondo (che per Cortina significherà Test Event in chiave olimpica), spaziando ad ampio raggio tra costi sempre più elevati, cambiamenti climatici, calendari affollati, infortuni gravi e scelte federali non più rinviabili per «salvare un movimento come quello dello sci alpino maschile che vive da anni una grave crisi». Parole mai banali quelle del piemontese classe 1956, slalomista salito alla ribalta come il volto giovane della valanga azzurra che proprio quest’anno ha festeggiato i cinquant’anni, amico di Cortina per la quale ha rivelato (oltre ad un flirt giovanile con una ragazza del posto) di fare il tifo in vista della partita olimpica.
De Chiesa, c’è un “ma” sullo sfondo?
«La pista da bob andava sì costruita, ma non lì. Una ferita nel cuore delle Tofane, tempio di larici che ora lasceranno spazio al cemento. Serviva solo un po’ di buonsenso. La pista è importante ed il bob uno sport olimpico che merita grande rispetto. Ma andava ricercata una sede diversa, non quella che un tempo ospitava la storica Eugenio Monti della quale oggi non vi è più traccia».
Archiviata la parentesi olimpica, tastiamo il polso al movimento dello sci azzurro, maschile e femminile, in vista della stagione di coppa del mondo?
«La squadra femminile gode di luce propria, forte di atlete da anni sulla cresta dell’onda, che rappresentano il volto sorridente dell’intero movimento. Sofia Goggia tornerà presto ai suoi livelli, durante l’estate ha lavorato tanto e duramente. Sarà ai nastri di partenza della prossima stagione, ne sono sicuro. Ma non dimentichiamoci che ci sono altri pezzi da novanta. Non ci sono più aggettivi per Federica Brignone, Marta Bassino ha la vittoria nelle corde ma ci metto anche Elena Curtoni che ha dovuto fare i conti con una sfortuna senza pari. Le note dolenti arrivano dai maschi, ma non è più una novità. Detto che Paris è un mostro sacro, ancora in grado di regalare soddisfazioni almeno fino a Milano-Cortina e che per quanto mi riguarda faccio il tifo per Alex Vinatzer, dietro c’è oggettivamente il vuoto. Qualcuno dovrebbe interrogarsi ma il tempo passa e nulla cambia. Si naviga a vista da troppo tempo. La mia, sul movimento sciistico italiano, l’ho detta tanto tempo fa ma nessuno mi ha ascoltato».
Qual è il De Chiesa-pensiero sullo sci nostrano?
«I costi da sostenere per una famiglia sono pesanti e la pressione attorno ad un giovane di 12, 13 anni che si affaccia all’agonismo già enorme. Mix letale di fattori che allontana troppo presto le future leve dal giro delle nazionali minori. I ragazzi arrivano alle porte della Coppa Europa stressati, non si divertono. Così non va bene».
Servirebbe un ritorno alle origini?
«Il ritorno alle origini è fisiologico per tutto il movimento dello sci, anche quello turistico. I costi aumentano di anno in anno e continueranno ad aumentare. I cambiamenti climatici impongono scelte impopolari. Lo sci é nato come uno sport di nicchia, la valanga azzurra ha sdoganato il movimento. Si sta tornando allo sport elitario come lo era un tempo per via dei suoi costi. Non credo ci sia una strada alternativa a questo».
Tornando alla coppa del mondo, quanto i cambiamenti climatici “pesano” sul calendario?
«Pesano e come. Inutile fare finta di niente. Il numero di gare va ridotto, qualcosa si sta già muovendo in questa direzione. Vanno assunte scelte anche in questo caso impopolari, ma responsabili. Gare in località di 800/1000 metri di quota rischiano di sparire molto presto dal calendario di coppa del mondo. È vero che la produzione di neve artificiale oggi, grazie alla tecnologia, assicura piste perfette e molto sicure, ma va ricordato come l’anno scorso tra rinvii e recuperi qua e la in giro per il mondo si è assistito ad una vera e propria ecatombe con tanti infortuni, anche gravi, di atleti big».
Una soluzione?
«Meno gare sicuramente, concentrate nel cuore dell’inverno». —
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