Corriere delle Alpi -

Ferrari: “Ho realizzato il mio sogno di bambina”

La stella della ginnastica artistica italiana: Vanessa Ferrari, campionessa del mondo e olimpionica è la “Farfalla”.
E si racconta.
Vanessa Ferrari, prendiamola di petto: cos’ha contro il numero 4 e aggiungerei anche l’8?
«Non ho mai nutrito simpatia nei confronti dei numeri 4 e 8, è una cosa difficile da spiegare ma diciamo che ho sempre preferito numeri come il 2 e il 6. Quando durante le gare viene assegnato il numero di pettorale, se mi capita quello che per me non è congeniale cerco di sommare o sottrarre i numeri affinché nella mia testa risultino più gradevoli. È un po’ una mia fissa…».
Lei ha fatto la storia della ginnastica italiana: Mondiale a 15 anni e mezzo e una figura che porta il suo nome dalle Olimpiadi di Londra 2012, Ferrari.
«La mia carriera è iniziata col botto, alla prima apparizione tra le senior sono riuscita a vincere il Mondiale, impresa mai riuscita da alcuna italiana. Poi sono iniziati una serie di problemi, tra cui molti infortuni. Nonostante ciò sono sempre riuscita a pormi nuovi obiettivi e a tornare collezionando medaglie in qualsiasi tipo di competizione. Durante Londra 2012 presentai per la prima volta in gara un nuovo movimento “un enjambé cambio ad anello con 360° di rotazione” che prese il mio nome».
Ci spiega cos’è?
«È un po’complicato a parole, ma possiamo descriverlo come un salto artistico che è composto da un salto con uno scambio di apertura delle gambe e allo stesso tempo una rotazione completa del corpo».
Ha mai pensato di dedicarsi a un altro sport, peggio: di mollare tutto e svolgere un’altra professione?
«Ho iniziato a fare ginnastica a circa 6 anni e fino alla vittoria del mondiale (15 anni) ho sempre e solo pensato alla ginnastica: avendole dedicato per anni la mia quotidianità non ho mai pensato di cambiare sport. Ma quando sono iniziati i problemi fisici inevitabilmente il primo pensiero è sempre quello di mollare tutto. Poi, in ogni capitolo della mia carriera, ho sempre riportato la mia testa sulla giusta strada».
Nella vita di un atleta quanto contano un papà calciatore e una mamma che si procura da piccola un body azzurro?
«Avere dei genitori amanti dello sport è stato fondamentale, perché hanno sempre creduto in me. Anche affrontando scelte complicate, come ad esempio portarmi a Brescia per gli allenamenti. Abitando in provincia di Cremona, a 50 km dalla palestra, è stata sicuramente una scelta difficile e coraggiosa.
Gli atleti olimpici lavorano quattro anni per un risultato: nella ginnastica in 1,5 minuti basta un fremito e si brucia tutto. Quando non è un polpaccio a vanificare l’impegno. Vanessa è questo il sacrificio?
«Il sacrificio fa parte dalla preparazione, perché per arrivare a guadagnarsi il posto e potersi giocare quel minuto e mezzo, ci sono prima anni di formazione e poi di preparazione. Non esiste persona al mondo che sia sempre propositiva e performante al 100 per cento tutti i giorni. Ci sono tantissime persone che praticano la mia disciplina ma, se vuoi emergere e guadagnarti la possibilità di metterti in gioco, devi dare più degli altri e sacrificare tante cose. Poi ci sono gli imprevisti che sono sempre in agguato e con uno schiocco di dita vanificano tutto un percorso».
“Fa parte del gioco” ha scritto su Instagram: cosa ha pensato veramente quel giorno a un mese da Parigi 2024?
«Diciamo che avendo passato tanti infortuni in carriera, quando scegli di puntare al prossimo obiettivo, impari a mettere in conto la possibilità di un altro infortunio. Questo non significa che la cosa non ti ferisca o che sia più facilmente superabile. Semplicemente impari a gestire un po’ meglio tutti gli aspetti negativi della delusione. Ad ogni modo il colpo è stato durissimo perché mancava veramente poco e avevo raggiunto un livello di preparazione che mi avrebbe sicuramente dato la possibilità di fare molto bene. Anche perché l’entità dell’infortunio non era grave, semplicemente non c’erano le tempistiche per un recupero ottimale».
Come si può ricominciare sempre dall’inizio?
«Non credo si possa mai ricominciare dall’inizio, credo che si impari ad andare avanti e a portare un bagaglio sempre più pesante. Perché quando si affronta un problema o una delusione, non ci lascerà mai. Però è necessario imparare a conviverci, senza farsi sopraffare dal dolore».
Le medaglie della ginnastica a Parigi 2024 possono ripagare la delusione di una mancata partecipazione?
«Sono felice dei risultati delle mie compagne e ho voluto essere presente a Parigi anche per tifarle e sostenerle, però è stata molto dura assistere come spettatrice dopo 20 anni in pedana. È stato un mix di emozioni contrastanti perché avrei fortemente voluto poter dire la mia anche in questa occasione e soprattutto nella finale al corpo libero: visti i risultati della concorrenza, il mio esercizio avrebbe potuto arricchire il bottino di questa edizione. Questo mi fa capire che ho fatto bene a puntare a questo obiettivo perché sarei stata all’altezza».
A 33 anni Los Angeles 2028 può essere un obiettivo? Atleti coetanei (vedi Tamberi) ci pensano.
«Credo di aver sempre dato il massimo in ogni percorso e anzi a volte ho esagerato, chiedendo al mio fisico sforzi incredibili. Se potessi cancellare tutti i problemi fisici andrei avanti altri 20 anni ma purtroppo non ho la bacchetta magica. Dopo Tokyo ero felice ed appagata, finalmente avevo ottenuto la medaglia olimpica, l’unica competizione nella quale non ero riuscita a fare alcun podio, nonostante 3 edizioni e 2 quarti posti. Però ho scelto di intraprendere ancora una vola il percorso perché non volevo avere rimpianti in futuro e credo di aver fatto la scelta giusta. Ogni sport è differente, come ogni carriera, ho partecipato a 4 Olimpiadi e mi è sfuggita la quinta per un soffio ma il ciclo era completo: significa che per ben 5 volte ho sottoposto fisico e mente a una sfida che pochi al mondo portano a termine. Per quanto si sia alzata l’età media nel mio sport, i miei quasi 34 anni mi collocano tra le più longeve al mondo nella disciplina. Ho fatto il possibile e ora, dopo una carriera incredibile, che ha permesso al movimento italiano un notevole sviluppo, credo di potermi sentire pienamente soddisfatta e di aver esaudito il sogno di quella piccola me che, circa 28 anni fa, vide in TV una ginnasta alla trave e chiese a sua mamma di poter fare ginnastica». —
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