Corriere delle Alpi -

Cassani: «I grandi eventi dello sport traino formidabile per l’economia»

Pedalano forte sport e turismo in Emilia-Romagna. E non sono solo da maglia rosa, quella che simboleggia il Giro d’Italia, ma sono da Tour de France, il simbolo della Grande Boucle e non solo perché l’ultima edizione è partita proprio tra Firenze e l’Emilia-Romagna per la prima volta nella storia. Se si parla di sport business e di grandi eventi, quindi, quella è una delle terre di riferimento in Europa. Non è un caso che a guidare l’Azienda di promozione turistica dell’Emilia-Romagna ci sia un ex ciclista, ex commissario tecnico dell’Italbici e commentatore tv, Davide Cassani. Che sabato sarà uno degli ospiti proprio al Forum.
Cassani, in Romagna non ci sono solo spiagge e divertimento allora.
«Anzi, abbiamo riportato dopo il Covid il Gran Premio di Formula Uno a Imola, stiamo ospitando in settembre addirittura non una ma due tappe del motomondiale a Misano, causa rinuncia del Kazakistan, avremo a Bologna la Coppa Davis, c’è la Champions col mio Bologna, l’Eurolega di basket con la Virtus. E abbiamo avuto la grande partenza del Tour, poi ospiteremo l’Ironman a Cervia, solo questo roba da settemila persone. In maggio c’è la tradizionale 9 Colli di ciclismo a Cesenatico: insomma, i grandi eventi sportivi fanno da traino all’economia, ne abbiamo contati una cinquantina».
Il ritorno economico?
«Stra-garantito, per ogni euro investito ce ne sono almeno sette di ritorno assicurato sul territorio. Al 75 per cento il turismo è della Riviera, ma poi ci sono le città d’arte, l’entroterra, la motor valley, la food valley, l’enogastronomia. Lo sport la fa da padrone, perché innanzi tutto è sinonimo di divertimento e benessere».
Non si sono più le Rimini e le Cesenatico di una volta.
«Esatto. Fino a vent’anni fa bastavano una spiaggia, due lettini e un ombrellone. In Romagna siamo stati i primi ad inventarci una sorta di palestra a cielo aperto. E così abbiamo allungato la stagione che adesso, vedi questo straordinario mese di settembre, va ben oltre i canonici mesi della spiaggia. Abbiamo inoltre trasmesso passione e il territorio ha risposto impegnandosi ancora di più».
Lei quattro anni fa, nell’anno del Covid, portò a Imola il Mondiale di ciclismo, quest’anno ha contribuito a portare per la prima volta la partenza del Tour de France in Italia. Sono passati due mesi: si percepiscono già i benefici?
«Certo. Intanto al tempo del Covid abbiamo dimostrato che nelle difficoltà si possono creare opportunità, perché, oltre al mondiale di ciclismo, quell’anno riportammo “a casa” anche il Gran Premio di Imola di F1, poi il Tour ci ha dato una visibilità mondiale, anche grazie all’organizzazione molto sensibile nell’accompagnare ed agevolare i territori attraversati in questa impegnativa avventura. E non sottovalutiamo l’impatto che sempre ha sul territorio il nostro Giro d’Italia”.
Lei a Belluno viene a parlare di sport, business e grandi eventi in un altro territorio che ne è la culla. Consigli?
«Non ne avete bisogno. Perché avete ciò che serve per puntare sullo sport: la mentalità giusta, di gente che ci mette impegno, passione e tenacia; poi le spiagge, le colline e soprattutto le Dolomiti, la culla del ciclismo, montagne invidiata in tutto il mondo dove la bicicletta ha fatto la storia. Perché scalare il Pordoi, il Sella le Tre Cime, o anche lo Zoncolan l’ultima scoperta in Carnia, ti lascia quella sensazione di conquista che è il sale del ciclismo».
A proposito, ci fa il podio delle sue montagne a Nord Est in bici?
«La Marmolada, rigorosamente scalata dai Serrai di Sottoguda, che sono felice abbiamo riaperto dopo la tempesta Vaia. Ci lasciai un guanto in un Giro d’Italia degli anni’80 da tanto freddo che c’era e causa pendenze folli verso il passo. Poi il Sella, magnifico, e lo Zoncolan, che con mister Guidolin e il povero Ballerini ho contribuito proprio 20 anni fa a lanciare nel grande ciclismo. E così posso ricordare un caro amico che non c’è più come Enzo Cainero».
Cassani, molte grandi aziende del ciclismo sono nate da queste parti. È un caso?
«No, è il frutto di fatica, passione e abnegazione. Avere poi le montagne del grande ciclismo ha aiutato. E non poco». —
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