Dici Ferrino e subito pensi alle tende da campeggio, icona degli amanti delle vacanze immersi nella natura o dei bivacchi ad alta quota. Anna Ferrino, che della storica azienda torinese è chief executive officer, è anche presidente di Assosport, l’associazione di Confindustria delle aziende di articoli sportivi.
Presidente, com’è questo momento per il settore?
«Molto variegato, perché l’industria italiana è articolata in diversi mondi. Il fitness, ad esempio, con le palestre e le piscine che avevano sofferto moltissimo per le chiusure del Covid, ora si sta riprendendo bene, in modo lento ma progressivo. Lo sci, che era stato bloccato dagli impianti chiusi, appena è ridiventato praticabile è ripartito subito, in maniera molto pulita. C’è poi un settore interessante, i materiali tessili tecnici, che ha grandi prospettive: era stato messo a dura prova dalle delocalizzazioni e dal dominio asiatico durato decenni, ora con la maggiore attenzione alla sostenibilità sta tornando a valorizzare il know how che abbiamo in Italia. Infine c’è l’outdoor: nel 2021 e nel 2022 era cresciuto tantissimo, poi con la corsa dell’inflazione aveva frenato. Ora gli stock si stanno smaltendo e le prospettive tornano positive».
Un bene per molte imprese italiane.
«Certamente, però è un fenomeno che va analizzato a 360 gradi. La fruizione della montagna sta cambiando e non possiamo restare fossilizzati sull’idea di un escursionista con la camicia a quadri che mette il panino nello zaino e va a camminare».
Che cosa serve invece?
«Più servizi. Innanzi tutto la vacanza viene vissuta come un’esperienza che deve comprendere anche il benessere e l’enogastronomia. Su questo i territori devono investire in maniera congiunta con le imprese, così come devono fare sulle strutture sportive, a cominciare dagli impianti di risalita, che devono funzionare d’estate ed essere attrezzati per le biciclette. Le persone che vanno in montagna un giorno camminano, fanno un giro con la e-bike, un altro si rilassano al centro benessere. Molti giovani, soprattutto, chiedono un’offerta multidisciplinare».
Ad esempio?
«Di fare rafting, canyoning, bicicletta, speed hiking, arrampicata. Occorre investire sui servizi: la varietà è una tendenza ormai acclarata».
Con tante infrastrutture, non c’è il rischio di accentuare l’overtourism?
«Il dibattito è molto interessante. Ci sono due fenomeni diversi, per entrambi i quali è possibile prevedere un futuro roseo. Il primo è quello di una montagna con molte infrastrutture, che può soddisfare una parte dei turisti, abituata peraltro a chiedere esperienze di livello. L’altra è quella opposta di una montagna non antropizzata, che punta su un territorio più incontaminato possibile. È una domanda in crescita, che arriva in gran parte da un pubblico giovane, del Nord Europa, evoluto, molto attento ai prodotti locali, all’impatto sull’ambiente».
Può essere uno stimolo per le valli meno frequentate?
«Certamente, anche questo tipo di pubblico chiede servizi, diversi però dal primo tipo».
Come vanno le tende da campeggio, il prodotto iconico della vostra azienda?
«Il nostro principale mercato è la Francia, dove esiste un grande pubblico interessato a una piena immersione nella natura. In Italia ci sono molte restrizioni e, così, si finisce spesso in campeggi dove gran parte dello spazio è occupato dai camper. Ora, sull’onda del successo del glamping, la domanda è in crescita anche da noi, soprattutto tra i giovani. Anche qui però servono servizi che solo il territorio può far crescere». —