Che cosa ci insegnano le Olimpiadi del passato? Primo: che sono un ottimo volàno di consenso politico. Secondo: che possono avere effetti molto positivi sul territorio, in termini di visibilità internazionale e di afflusso turistico. Lo ha raccontato Andrea Goldstein, economista e autore del saggio “Quando l’importante è vincere. Politica ed economia delle Olimpiadi”, edito dal Mulino, nel dialogo che si è tenuto ieri a Palazzo Fulcis, museo civico di Belluno, con Davide Ghiotto, campione del mondo in carica di pattinaggio di velocità sui 10 mila metri e bronzo olimpico a Pechino 2022.
Goldstein ha ricordato l’aneddoto dell’incauto sindaco di Montreal, Jean Drapeau, che in vista dei Giochi del 1976 affermò che sarebbe stato più facile vedere un uomo partorire piuttosto che un comitato organizzatore perdere quattrini. «Montreal 1976 dal punto di vista economico fu un disastro, ci sono voluti 45 anni per ripagare i debiti fatti. Drapeau fu uno dei pochi sindaci delle città olimpiche a non venire confermati alle elezioni successive. Vuol dire che in genere i cittadini mostrano di essere ben consapevoli delle ricadute positive dei Giochi. Ricadute che sono state ben evidenti anche in tutte le tre edizioni tenute in Italia», ha spiegato Goldstein.
Cortina 1956 fu l’Olimpiade che celebrò una delle località più glamour delle Alpi, Roma 1960 mostrò al mondo di cosa era capace l’Italia del boom e Torino 2006 aprì la città ai flussi del turismo internazionale. «L’importante è però che nella pianificazione delle strutture e degli interventi si pensi a quello che verrà negli anni successivi, creando le condizioni per rendere duraturi questi effetti», ha osservato Goldstein. Un esempio di successo è stata Barcellona 1992: «Fino a quel momento la città era orientata verso l’interno, più che verso il mare. Vennero messi a frutto 15 anni di idee e radicalmente ridisegnata l’area del porto, che oggi è una delle grandi attrazioni turistiche», ha detto.
Naturalmente quella delle infrastrutture è la tematica più delicata, per il dopo. Davide Ghiotto ha raccontato la sua esperienza, avendo gareggiato in Corea del Sud nel 2018 e, appunto, a Pechino 2022. Quelli cinesi furono i Giochi post pandemia, che in Cina tanto post non era ancora, con un’affluenza limitata di pubblico. «Però capivi che erano strutture pensate in grande, con l’obiettivo di attirare tante persone», ha spiegato. Il campione del mondo ha ancora negli occhi Torino 2006, dov’è nata la sua determinazione a farsi largo in una disciplina spettacolare. La carriera di un pattinatore in Italia non è semplice e lui, vicentino, è stato ancora fortunato perché ha dovuto trasferirsi ad allenarsi non troppo lontano da casa, a Trento, dove in mezz’ora d’auto si arriva alla struttura federale di Baselga di Pinè. «In Italia per il long track ci sono solo due impianti, a Baselga di Piné e Collalbo vicino a Bolzano, entrambi all’aperto. Ci si può allenare soltanto nei mesi freddi e così in estate ci trasferiamo in Germania e in Olanda, dove il pattinaggio è molto popolare e può contare su strutture al chiuso con palestre e impianti per altre discipline», ha raccontato Ghiotto.
I palazzetti del ghiaccio sono super costosi e, ha osservato Ghiotto, dovendo fare una scelta sarebbe più logico costruirli nelle aree più popolose: «È però chiaro che la presenza di impianti moderni è essenziale per aiutare i ragazzi ad appassionarsi».
Il tema della sostenibilità sarà una delle grandi questioni della pista da bob di Cortina. Osserva Goldstein: «In Italia negli anni Cinquanta il bob era più popolare e praticato di oggi, c’erano una leggenda come Eugenio Monti e la pista di Cortina. Con i costi di oggi, è difficile che con la nuova pista il numero dei praticanti possa crescere al punto da far sì che si mantenga da sola». —