«Lo sport è fondamentale per un territorio: significa anzitutto salute per chi ci vive, ma anche, come nel caso di Belluno, investimenti, infrastrutture, immagine, attrattività, lotta allo spopolamento, posti di lavoro. L’occasione delle Olimpiadi moltiplica tutto questo ed è un treno che non passa spesso, come si sa, bisogna agganciarlo al volo». Lorraine Berton non ha mai fatto mistero di credere fortemente in questa opportunità e, come presidente di Confindustria Belluno Dolomiti, non ha mai fatto mancare la sua voce chiara e ferma. «Sono mesi cruciali quelli che ci accingiamo a vivere, ma ovviamente – sottolinea – noi guardiamo già oltre l’appuntamento olimpico, alla legacy, a quello che l’evento sportivo lascerà al territorio in materia di infrastrutture, di immagine e di sviluppo. Le Olimpiadi sono fondamentali, niente va lasciato al caso, niente va sprecato».
Come sta andando?
«È il momento di lasciarci alle spalle le polemiche e di remare tutti nella stessa direzione. È questo il senso anche dello Sport Business Forum, il festival che abbiamo fortemente voluto a Belluno per mettere in luce quanto lo sport possa aiutare il territorio».
Ecco, cosa può fare lo sport?
«Pensiamo all’impatto della sport economy, alle nuove prospettive e tendenze del mondo dello sport e delle imprese protagoniste del settore, alle ricadute delle grandi manifestazioni, al turismo sportivo, alla capacità dello sport di essere un elemento di aggregazione e inclusione sociale e, non ultimo, all’importanza delle testimonianze dirette dei grandi campioni. Discuteremo di tutto questo, in quasi 50 incontri».
Lei è anche presidente del Gruppo Tecnico “Sport, Grandi Eventi ed Economia della montagna” di Confindustria nazionale, un incarico confermatole dal neo presidente Emanuele Orsini.
«Una scelta che dimostra grande attenzione e sensibilità allo sviluppo sostenibile dei territori, in particolare di quelle terre alte cruciali per la crescita del Paese. Partendo da Belluno siamo riusciti a creare un network potente capace di mettere insieme istituzioni, mondo delle imprese e della conoscenza. È la strada che continueremo a percorrere».
C’è però chi mette in dubbio che i grandi eventi servano davvero alla montagna.
«Montagna e grandi eventi sono invece, a mio avviso, un binomio strategico e lo dimostreremo con le Olimpiadi di Milano Cortina 2026. Grazie ai grandi eventi, i singoli territori, anche i più periferici, possono valorizzare le loro eccellenze e presentarsi al meglio. La mia intenzione è di lavorare, da un lato, sulle Olimpiadi e sui grandi eventi, affinché siano un volano di crescita per i territori e per il sistema delle nostre imprese, e, dall’altro, sullo sviluppo delle Terre Alte, partendo dalla nuova legge sulla montagna e attivando altre azioni concrete a sostegno delle economie locali, puntando soprattutto su due fattori cruciali: formazione e innovazione. Anche su questo siamo già al lavoro attraverso la collaborazione con la Luiss».
Lo schema è fare squadra?
«Sembra banale, ma non lo è, posso garantirlo arrivata alla fine del sesto anno del mio mandato in Confindustria Belluno Dolomiti. Se lavori con un progetto chiaro mettendo in relazione le tante persone e energie disponibili, ad iniziare proprio dagli industriali, nonché le tante potenzialità che un territorio come il nostro sa esprimere, i risultati arrivano. Con fatica, ma arrivano. Confindustria si mette al servizio del territorio guardando ben al di là dei cancelli delle fabbriche».
Fra le vittorie c’è anche la realizzazione della pista da bob di Cortina, fonte di tante polemiche?
«Polemica sterile. Il dossier che ha consentito di vincere la candidatura olimpica prevedeva la pista e la pista si farà. I lavori procedono, la ditta costruttrice è fra le migliori, c’è solo da augurarsi di avere bel tempo per poter proseguire i lavori di buona lena come avvenuto finora. Lo Sliding center resta una garanzia per Olimpiadi vere e diffuse».
Resta il nodo infrastrutture.
«Sì, è inevitabile, qualche ritardo c’è ancora, ma l’importante è che i fondi siano stati stanziati e che adesso si vada avanti con grande concretezza. Le opere olimpiche sono un primo passo fondamentale per recuperare terreno dopo decenni di mancati investimenti e scelte sbagliate; per questo chiediamo un’attenzione particolare per il Bellunese. Dobbiamo consentire collegamenti più veloci e sicuri all’interno della provincia; e occorre proiettarsi in una dimensione più ampia e pensare finalmente allo sbocco a Nord, nodo non più rinviabile considerate le tante criticità che stanno interessando i valichi alpini, dal Monte Bianco a Tarvisio passando per il Brennero. Un nuovo corridoio viario e tecnologico andrebbe a beneficio del sistema Nord Est e di buona parte della Macroregione alpina. Pensiamo alla connessione che si verrebbe a creare con la Superstrada Pedemontana Veneta, che si innesta proprio in A27, o alle sinergie che si potranno attivare con il sistema degli aeroporti – Treviso e Venezia su tutti – e l’Alta Velocità che sta prendendo corpo sull’asse Est-Ovest».
Belluno dunque reclama maggiore attenzione?
«Non vogliamo regali, ma solo quello che ci spetta per la storia e il presente che ci siamo saputi costruire con le nostre sole forze. È vero che siamo pochi e politicamente contiamo poco; ma è anche vero che qui a Belluno ci sono alcune delle imprese che ci invidiano non solo in Italia ma in tutto il mondo, da Luxottica a Marchon, da Thélios a Marcolin, da De Rigo a Epta, Clivet, Lattebusche fino ad una miriade di piccole e medie aziende molto efficienti. Ecco tutto questo meritava già di avere un sistema viario adeguato ed efficiente. È venuto il tempo di dirlo senza remore, di fare una battaglia sacrosanta, di reclamare la dignità che finora ci è stata negata».
Siamo partiti dallo sport e siamo arrivati alla mobilità.
«Le infrastrutture sono fondamentali per la qualità della vita: quando ci ricapiterà di avere finanziamenti così significativi per migliorare la viabilità della nostra area? Gli ultimi risalgono alle Olimpiadi del 1956, poi sono arrivati soldi solo per le tragedie del Vajont e di Vaia. Siamo abituati a rimboccarci le maniche e fare da soli, ma è innegabile che fare impresa in montagna è assai più difficile che in pianura e quindi chiediamo almeno attenzione e rispetto».